L’Oro della Calcidica – nuova ecologia 3/2019

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Per generazioni, la famiglia di Yorgos Kalivas ha vissuto all’interno della foresta di Skouries – magnifici boschi primordiali di querce e faggi, che dal monte Kakkavos discendono le linee di dolci colline per poi tuffarsi nelle acque turchesi del Mar Egeo – dove per secoli ha coltivato noci, noccioli e ciliegi e prodotto miele di qualità straordinaria. Skouries ha sempre ospitato frutteti e orti, greggi di pecore e di capre, che durante l’occupazione nazista hanno salvato dalla fame gli abitanti del lato orientale della Penisola Calcidica. Negli ultimi anni però, da quando la multinazionale Eldorado Gold ha installato qui la più grande miniera a cielo aperto del mondo, Yorgos era rimasto l’ultimo abitante della foresta. “Sono nato tra questi boschi e me ne sento parte integrante. Nessuno potrà cacciarmi via, dovessi finire sepolto dal cemento delle dighe della miniera”, raccontava fiero sorseggiando caffè turco e fumando una sigaretta dopo l’altra. Nonostante le minacce e le ripetute visite delle guardie private della Eldorado, Yorgos è rimasto nella sua terra fino alla morte, lo scorso anno. Non ha lasciato figli, ma la lotta che ha combattuto fino all’ultimo in difesa di Skouries ha molti eredi.

Dai tempi di Aristotele – nato nel quarto secolo a.C. a Stagira, un villaggio pochi chilometri a nord di Skouries – milioni di tonnellate d’oro sono state estratte da piccole miniere in quest’area della Calcidica, il cui sottosuolo è ricco anche di rame, argento e zinco. Una massiccia estrazione industriale comincia però solo alla fine del secolo scorso, quando nel 1996 le miniere dello Stato greco vengono vendute alla compagnia canadese Tvx Gold. Nel 2002, gli evidenti danni ambientali provocati in pochi anni dalle miniere di Stratoni e Olimpiada – a dicembre 2002, le acque del golfo di Stratoni si tingono di rosso per giorni a causa delle sostanze tossiche che dalle gallerie della miniera dilavano in mare – spingono la Corte suprema greca a bloccare l’estrazione. Che riprende però su scala ancor più massiccia 10 anni più tardi, quando i venti della “Crisi” e un tasso di disoccupazione che nella zona supera il 30% portano con sé un’altra compagnia canadese, la Eldorado Gold: per 2miliardi di dollari, oltre che di Stratoni e Olimpiada, la multinazionale si appropria anche di 30mila ettari di foresta, su cui ottiene il nullaosta ai lavori di scavo della più grande miniera a cielo aperto del mondo. Le manifestazioni di protesta sono immediate e imponenti, ma vengono represse in modo brutale: nel corso del 2012 si ripetono decine di cortei con migliaia di persone – cui prendono parte, oltre agli attivisti arrivati da tutta la Grecia, anche gli anziani e i bambini locali – respinti a colpi di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e violente cariche dei Mat, la polizia antisommossa greca. In breve Skouries si trasforma in una zona off-limits, avvolta nel filo spinato e presidiata giorno e notte da guardie private e polizia governativa. Da allora, la zona, dove vivono circa 20mila persone, è spaccata tra l’esercito dei minatori al soldo della Eldorado e lo zoccolo duro degli attivisti “Nogold”, che continuano a battersi per difendere il territorio e la sua popolazione dal disastro ambientale in corso.

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La Eldorado presenta la sua attività come fosse in linea con la tradizione della regione, ma le dimensioni e l’impatto ambientale sono senza precedenti. Per far spazio alla miniera di Skouries sono già stati cancellati per sempre oltre 300 ettari di foresta primordiale, mentre le risorse idriche dell’intera Penisola Calcidica vengono prosciugate per mettere in sicurezza le gallerie d’estrazione. Per stoccare i fanghi di scarto, la Eldorado sta costruendo una diga alta 160 metri non lontano dal punto in cui confluiscono i fiumi Karatzas e Lotsaniko, proprio affianco alla proprietà di Yorgos. Secondo gli ispettori del Ministero dell’Ambiente greco, la diga non rispetterebbe i più elementari criteri di sicurezza: oltre a essere accanto alla confluenza di due importanti fiumi, il sito scelto per la costruzione è su una falda soggetta a frequenti scosse telluriche mentre al posto dello strato di argilla che dovrebbe evitare il percolare delle sostanze tossiche c’è una membrana plastica che cederebbe al più lieve terremoto. A Stratoni e Olimpiada, dove l’attività mineraria è già stata riavviata con forza, gli scarti di produzione e le polveri tossiche (ricche di arsenico e asbesto) che si sollevano dalle miniere stanno avvelenando coltivazioni e allevamenti, compromettendo pesca e turismo. Le naturali vocazioni di questa terra, il suo vero Oro, vengono sacrificate sull’altare di un’industria miope e sconsiderata. L’11 febbraio le acque del Golfo di Stratoni si sono tinte ancora di rosso, in un incubo che sembra senza fine.

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Una volta estratti, i minerali devono essere poi processati. Nonostante gli accordi con il governo greco prevedano che la trasformazione in minerali “puri” avvenga in Grecia, il procedimento finora è stato realizzato all’estero, negli impianti che la Eldorado possiede in Cina, causando ripetuti incidenti nelle operazioni di trasporto fino al porto di Salonicco: nel caso più recente, durante la sosta necessaria al cambio di una gomma, gran parte dei minerali grezzi caricati su un camion sono collassati in una stazione di benzina.

In fase contrattuale, la multinazionale canadese si era impegnata alla costruzione di un impianto metallurgico che utilizzasse il procedimento di raffinazione noto come “flash smelting”, impianto per il quale nel 2011 aveva ricevuto la licenza ambientale. Negli anni seguenti però, di fronte alle richieste del nuovo governo greco guidato da Alexis Tsipras, la Eldorado non è stata in grado di fornire le prove e i dati che dimostrino come il procedimento rispetti i criteri di sicurezza previsti dalla licenza ambientale concessa all’impianto. Così, a luglio 2016, lo studio tecnico previsto dal contratto di concessione è stato rigettato dal Ministero dell’Ambiente, secondo cui dato l’alto contenuto di arsenico dei minerali grezzi l’utilizzo del flash smelting causerebbe enormi emissioni di gas tossici. Il governo greco ha di conseguenza ordinato la sospensione delle attività della Eldorado a Skouries, causando la violenta reazione della compagnia, che ha presentato ricorso al Consiglio di Stato greco e annullato ogni investimento nel Paese. La multinazionale canadese è il principale investitore straniero in Grecia, da lavoro a quasi 2mila persone e dal 2012 ha versato circa 120milioni di dollari di tasse al governo greco. Argomenti in grado di far presa sull’esecutivo, che nonostante sia sempre stato schierato contro l’espansione dell’attività mineraria, da quando è salito al governo nel 2015 ha dovuto fare i conti con le pressioni esercitate dalla troika (Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Commissione europea) per favorire gli investimenti esteri e stabilizzare i disastrosi conti pubblici.

In attesa di conoscere la sentenza del Consiglio di Stato, che dovrebbe pronunciarsi nei prossimi mesi, la più grande miniera a cielo aperto del mondo è ferma. Chi da anni si batte contro questo incubo sa bene però che la potente multinazionale potrebbe trovar presto il modo per riprendere la sua disastrosa attività anche a Skouries.